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L’immagine di copertina potrebbe essere fuorviante, l’alta tecnologia non è sinonimo di qualità.

In sanità, ed in particolare modo a livello di strutture sanitarie, due sono gli aspetti che maggiormente incidono sulla qualità:

L’obiettivo della “qualità” impone a tutte le strutture sanitarie di sviluppare sistemi di miglioramento della qualità e a rendere pubblici e trasparenti i risultati.

Altri fattori che incidono sulla qualità che meritano di essere citati sono l’equità nell’accesso alle cure, la giusta distribuzione sul territorio di strutture sanitarie, la disponibilità di risorse tecnologiche all’avanguardia e di  risorse professionali di rilievo internazionale.

 

Definizione di Qualità in Sanità

Kathleen N. Lohr definisce la qualità dell’assistenza come :

“il grado con cui i sistemi sanitari riescono ad aumentare – a livello individuale e di popolazione – la probabilità di ottenere gli esiti desiderati, in accordo con le migliori evidenze scientifiche”

In questa definizione è centrale ed esplicito l’aspetto dell’apropriatezza clinica nella parte in cui parla di evidenze scientifiche.

È centrale ma implicito il concetto di gestione del rischio clinico in quanto per aumentare le probabilità di ottenere esiti desiderati bisogna diminuire le probabilità di generare eventi avversi.

Il Controllo di Gestione e la qualità

Se non si misura non si può controllare. Se non si può controllare non si può gestire. Se non si può gestire non si può migliorare

La legge ha introdotto, fin dai primi anni Novanta, l’utilizzo di sistemi di verifica e di controllo della qualità delle prestazioni nel Servizio Sanitario Nazionale.

Il controllo di gestione diventa una necessità anche per le aziende pubbliche, la necessità di dover migliorare la qualità del servizio ci impone in un qualche modo di trovare degli standard di riferimento.

La qualità, però, difficilmente è misurabile in maniera quantitativa se non si utilizzano degli indicatori, ovvero dei paramenti di riferimento ritenuti “buoni” cui far tendere i nostri obiettivi.

 

I 3 Indicatori in Sanità secondo Donabedian

La difficoltà e l’impegno allora consiste nell’individuare specifici indicatori affinché i risultati siano realmente misurabili ed idonei a stabilire il perseguimento degli obiettivi prefissati.

Il monitoraggio di indicatori di appropriatezza e di sicurezza consente di individuare aree di criticità, rappresentando cosi uno strumento di prevenzione dei rischi e promozione della sicurezza del paziente

Per essere efficienti, gli indicatori devono essere facili da misurare, comprendere e comparare. In base alla classificazione di Donabedian gli indicatori si dividono in indicatori di struttura, di processo o di esito:

  • Gli indicatori di struttura cercano di fornire indicazioni circa le dotazioni tecnologiche organizzative e strutturali di una struttura sanitaria. Sono tipicamente utilizzati per le autorizzazioni sanitarie regionali e per l’accreditamento istituzionale.

    In definitiva, gli indicatori strutturali definiscono le “caratteristiche del contenitore” in cui viene erogata l’assistenza. Rispetto all’idea dell’autore manca, nelle realtà regionali,  spesso manca la componente professionale come quarto requisito degli indicatori, ovvero i requisiti di expertise che potrebbero notevolmente incidere .

 

  • Gli indicatori di processo misurano l’appropriatezza del processo assistenziale in relazione a standard di riferimento: linee guida, raccomandazioni, buone pratiche clinico- assistenziali. Tanto più robuste sono le evidenze che documentano l’efficacia di un intervento sanitario, più forte sarà la raccomandazione clinica e più robusto il corrispondente indicatore di processo.

    Ad esempio, “appropriatezza della somministrazione precoce dell’aspirina nei pazienti con infarto del miocardio acuto (IMA)” è un indicatore di processo molto robusto, perché supportato da evidenze inequivocabili. Se misuriamo la qualità prescrittiva di un reparto di cardiologia attraverso questo indicatore avremo una stima predittiva degli esiti clinici e quindi della qualità molto significativa.
    Stesso discorso vale ad esempio nei casi, molto discussi, di tassi di cesarizzazione e di intervento chirurgico entro le 24ore nei casi di rottura del collo del femore negli anziani.

 

  • Gli indicatori di  esito (o di risultato o di outcome) documentano una modifica degli esiti clinici. Sono quegli indicatori che quindi  tentano di quantificare il miglioramento o il peggioramento dello stato di salute del paziente durante il ricovero, per esempio la percentuale di guariti, il tasso di mortalità, la qualità della vita, ecc.

    Nel progettare ed utilizzare tale tipo di indicatori bisogna tenere in considerazione diverse variabili, due su tutte:
    1- determinanti fenotipiche (genotipo + fattori ambientali);
    2- il tempo trascorso dall’erogazione del processo.

Indicatori di Processo vs Indicatori di Esito

Gli indicatori di processo hanno da un lato il pregio dell’immediatezza, ovvero ti mettono in allerta se ci sono scostamenti rispetto ad una media stabilita “normale” dalle evidenze scientifiche o da dati statistici.

Da un’altro lato  l’essere in difetto o in eccesso rispetto ad una media non ci dice affatto se si sta facendo un uso qualitativo di quel farmaco o di quella prestazione.  Questo per vari motivi, innanzitutto  per fare un assurdo, potremmo eseguire un numero giusto di tagli cesarei ma tutti nei confronti di pazienti sbagliati (ovvero senza indicazione).

Gli indicatori di processo presentano la difficoltà di non poter ricavare indicatori di processo dai sistemi informativi aziendali, è necessario pianificare un audit clinico strutturato o disporre di database clinici dedicati.

 

Gli indicatori di esito, in quanto variabili discrete,  sono più facili da misurare e spesso disponibili nei sistemi informativi aziendali, la cui completezza/affidabilità è massima per gli esiti economici, intermedia per quelli clinici, minima/nulla per gli esiti umanistici.

Sono necessarie complesse tecniche statistiche (risk adjustment) per correggere differenze di case-mix e sociodemografiche, variazioni random, effetti di selezione.

Attualmente la fonte principale degli indicatori di esito è la scheda di dimissione ospedaliera (SDO), uno strumento amministrativo-economico che presenta due limiti: la “deformazione quantitativa” degli esiti clinici conseguente alle codifiche opportunistiche e il reverse reporting bias inadeguato per stimare l’incidenza degli eventi sentinella, quasi mai codificati.

 

I valori soglia

Per ciascun indicatore dovrebbero essere definiti dei valori di soglia (standard di qualità) al di sopra dei quali occorre mantenersi perché si possa parlare di qualità, e al di sotto dei quali ci si trova in presenza di una criticità o fattore di rischio che deve essere segnalato da chi ne viene a conoscenza e che deve indurre ad una verifica sulle cause e a prendere adeguate contromisure.

Conclusioni

Un elemento ulteriore che merita attenzione e che condiziona gli esiti è la relazione volume-esiti, solitamente determinata da un elevato livello di competence tecnica e da un setting assistenziale d’eccellenza.

Le potenzialità che gli indicatori di esito potranno esprimere in futuro sono enormi grazie alle nuove tecnologie digitali ed alla loro capillare diffusione.

Modelli matematici, big data e la capacità di reperire, immagazzinare ed analizzare informazioni di ritorno real time questi indicatori si trasformeranno presto in sistemi predittivi del rischio clinico.  La cosa potrebbe rivoluzionare il campo della prevenzione primaria e secondaria.